Padiglioni per il futuro o cornici da cartolina?
Expo
di Osaka, dove l’innovazione fa posto alla promozione
visitata
il 5 agosto 2025.
La mia visita all’Expo di Osaka si è svolta ad agosto, il mese delle stelle cadenti, iniziando dalla nuova fermata metropolitana sull’isola artificiale di Yumeshima. L’attesa di conoscere i più recenti traguardi dell’innovazione tecnologica era forte, purtroppo prolungata dalle lunghe code all’ingresso.
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Fermata della metropolitana Yumeshima. |
Come molti sanno, le Esposizioni Universali, o Expo, ebbero inizio nel 1851 con la prima edizione di Londra, nota col nome di “Great Exhibition” e organizzata allo scopo di celebrare i progressi scientifici, tecnologici, industriali e culturali dell’umanità attraverso il confronto tra diversi Paesi. Quella che è rimasta più impressa nella memoria collettiva, tuttavia, fu l’Esposizione di Parigi del 1889, in occasione della quale sul Campo di Marte venne costruita la Tour Eiffel. Venivano così presentati al pubblico, un tripudio di innovazioni tecnologiche, dalla locomotiva a vapore (1851) alla lavatrice (1862), fino al telefono, ufficialmente reso disponibile al pubblico nel 1900. Nel tempo le Esposizioni cambiarono, divenendo un evento globale incentrato sulla promozione dell’istruzione, del progresso e delle relazioni di cooperazione tra i Paesi.
“Progettare la società
futura per le nostre vite” è il tema proposto ad Osaka, titolo altisonante e, a
mio avviso, molto ambizioso ed estremamente vasto.
La tematica mira a
riflettere sul futuro delle società, focalizzando l’attenzione su come la
tecnologia, l’ambiente, la salute e le relazioni umane possano evolvere per
migliorare le nostre vite.
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Anello in legno che racchiude tutta l'area espositiva con soprastante giardino pensile. |
Quella del 2025 è la terza edizione dell’Expo ospitata ad Osaka: quest’anno il sito prescelto è stato quello dell’isola artificiale di Yumeshima, dove è stata costruita un’enorme struttura anulare in legno, ricoperta da un giardino pensile e percorsi pedonali sopraelevati, per delimitare l’area espositiva inglobando un’area marina.
Giardino pensile con percorso panoramico sulla copertura della struttura anulare.
Al di fuori del perimetro
anulare si trovano altri padiglioni di aziende private e strutture ricettive
come il Marketplace, realizzati nei pressi della Porta Est antistante l’uscita
della metropolitana. Verso la Porta Ovest, a cui si arriva se si prende
l’autobus navetta da Osaka, si trovano invece i padiglioni privati nazionali,
sale eventi, ristoranti e negozi. Infine, oltre la zona Ovest si trova un’area
denominata “Vita futura” in cui è stato realizzato il padiglione Future City,
un’area eventi all’aperto e uno spazio dove viene simulato l’atterraggio delle future
macchine volanti.
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Padiglione snitario con tematica relativa alla rinascita. |
I padiglioni che meglio rispondono alla tematica dell’Expo sono a mio avviso i cosiddetti “Signature Pavilion”, ubicati nell’area che dal centro della foresta artificiale porta verso l’area circolare bagnata dal mare.
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Segmento circolare dell' Expo bagnato dal mare. |
Nei padiglioni tematici otto
autori giapponesi hanno riflettuto su che tipo di futuro dovremmo creare per
garantire prosperità al genere umano e a tutto il creato. I contenuti sono
stati sviluppati da Miyata Hiroaki, professore di medicina; Ishiguro
Hiroshi, professore di robotica e di innovazione dei sistemi; Sachiko
Nakajima, pianista jazz, compositrice, ricercatrice matematica ed
educatrice STEM; Ochiai Yoichi, artista multimediale; Fukuoka
Shin-Ichi, biologo; Kawamori Shoji, direttore dell’animazione e di mecha
design – ambito del disegno d’animazione e fumettistico; Koyama Kundo,
creatore di programmi TV a tema gastronomico; Kawase Naomi, regista e
filmaker.
Tra questi mi è sembrato molto interessante il “Better Co-Being – Migliore Coesistenza” di Miyata Hiroaki, e progettato dall’architetto Kazuyo Sejima dello studio SANAA. A differenza di molti padiglioni che si concentrano su strutture imponenti e complesse, il Better Co-Being è un’architettura che non ha né tetto né muri. Si tratta di uno spazio a cielo aperto che si integra perfettamente con la “Foresta della Tranquillità” al centro dell’area espositiva. In tal modo l’architetto sottolinea il carattere effimero del progetto del padiglione sfidando la nozione tradizionale di architettura come “edificio”.
Il padiglione esplora il concetto di coesistenza – inteso come benessere collettivo - ispirandosi al modo in cui un ambiente naturale come una foresta condivide e crea dati come la luce, l’acqua e la materia organica per sostenere un intero ecosistema. In quale modo la società umana può fare lo stesso? Come possiamo condividere dati per un futuro più sostenibile e interconnesso senza prevaricare le minoranze, i più deboli e senza manipolare le masse con la propaganda?
Tra i padiglioni nazionali
mi ha particolarmente colpito la varietà dell’architettura effimera piuttosto
che i contenuti esposti all’interno delle strutture. Sembra che i progettisti
abbiano cercato più la logica della promozione turistica piuttosto che
rispondere al tema proposto dell’Expo.
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Padiglione della Malesia. |
Con una certa curiosità ho
visitato il padiglione della Malesia realizzato dall’architetto Kengo
Kuma, dal titolo “Weaving a future in Harmony – Tessere un futuro in
armonia”, con una facciata composta da numerosi steli di bambù disposti su
piani sfalsati inclinati e ispirati al raffinato motivo del songket, un
tessuto tradizionale malese.
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Gli steli di bambù del padiglione della Malesia. |
Questa maglia di bambù crea
un effetto piacevolmente morbido e poroso, lasciando filtrare la luce naturale
e creando effetti d’ombra mutevoli. All’interno, i pavimenti in legno e le
pareti color rosso-tabacco chiaro formano un ambiente caldo e profondamente accogliente.
Al centro del padiglione svetta il Tree of Harmony, un albero alto circa
dieci metri fatto di bambù intrecciato e rattan (materiale derivato dalle liane
delle palme), che ricorda l’Albero della Vita dell’Expo di Milano del 2015. Le
sue foglie, tessute a mano da artigiani indigeni, recano i nomi delle persone
che le hanno realizzate: un gesto simbolico di unione tra diversità e dignità
individuale.
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Tree of Harmony |
Il padiglione della Malesia
si trova nella zona denominata “Empowering Lives -Potenziare le Vite”
insieme a quelli francesi, filippino e americano.
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Padiglione della Francia. |
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Padiglione delle Filippine. |
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Padiglione degli Stati Uniti d'America. |
Il padiglione Italia si trova invece nell’area denominata “Saving
Lives – Salvare vite” e ingloba il padiglione della Città del Vaticano. Mio
malgrado, il nostro padiglione è tra i più gettonati dal pubblico asiatico,
quindi cerco di prenotare l’ingresso prima del giorno di visita, ma anche sull’App
non si riesce a riservare l’accesso poiché risulta subito tutto occupato. Mi
reco allo stand il giorno di visita e mi metto in fila nella coda più lunga mai
vista prima, con un’attesa di più di tre ore! Una situazione inconcepibile,
assurda e insopportabile con quel clima. Una lunghissima attesa che, purtroppo,
non viene premiata: il padiglione italiano, infatti, mette in mostra le
attrattive regionali (e qui andiamo fuori tema…), uno spazio per la Santa Sede
che espone “La Deposizione”, un capolavoro di Caravaggio (tema spirituale coerente con la salvezza delle anime), un piccolo teatro per spettacoli serali e un
tetto giardino all’italiana nei pressi del ristorante “Eataly”.
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Ingresso al Padiglione Italia. |
Ora, ammesso che siamo bravi nel food e nel design, che siamo un’eccellenza
nel campo del restauro e della moda, ma non si dovrebbe rispettare il tema
dell’Esposizione? Per attrarre i visitatori, inoltre, il nostro padiglione
espone l’Atlante Farnese proveniente dal Museo archeologico di Napoli, alto
circa due metri e risalente al II secolo d. C. e disegni di Leonardo da Vinci.
A me sembra più un inno alla bellezza e alla creatività italiana piuttosto che
“l’Arte rigenera la Vita”, slogan troppo facile se poi non viene illustrato
come si deve.
Insomma, un’esposizione che sembra più un’antologia del “Made in
Italy” piuttosto che un’anticipazione di quello che potremmo essere. Un po’
come se, per parlare del futuro, ci limitassimo a mostrare le statue del David.
Bellissime, certo, ma in che modo le contestualizziamo con il futuro?
Piuttosto ho trovato più interessante – e soprattutto pertinente -
l’esposizione della tecnologia aerospaziale e le infrastrutture subacquee,
oltre alla struttura del biplano di Arturo Ferrarin del 1920.
La struttura del nostro padiglione, che è stata progettata dallo studio
di Mario Cucinella, è di buon gusto e riprende il concetto della “città
ideale” del Rinascimento, reinterpretandolo in chiave moderna. La struttura
principale del padiglione è realizzata in legno lamellare e presenta una
facciata semitrasparente in pannelli di fibre minerali che si aprono per
consentire l’ingresso al teatro.
Gli elementi attorno ai quali si sviluppa il progetto sono il portico
d’ingresso, che simboleggia l’apertura senza barriere; la piazza, intesa come
luogo di incontro e di conoscenza che ospita le sezioni tematiche dedicate
all’individuo, alla società e al territorio; il teatro, concepito come luogo
per gli eventi che celebrano l’arte e la creatività; il giardino pensile,
situato sulla terrazza del padiglione, che reinterpreta il giardino
all’italiana in forma di labirinto.
L’errore progettuale è stato quello di prevedere solo due ascensori per
accedere ai piani superiori, senza alcuna scala: questo ha creato un effetto
imbuto con la conseguente coda infinita per entrare. Inoltre, se mancasse la
luce, i poveretti che si trovano in giardino come farebbero a scendere? Direi
che la sicurezza è passata in secondo piano.
Ogni elemento, dalla struttura alle finiture, è stato pensato per essere reversibile, smontabile e riutilizzabile in modo da ridurre al minimo l’impatto ambientale.
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Padiglione della Tailandia. |
Riflettendo su ciò che ho potuto vedere mi sorge una domanda: le Esposizioni Universali sono ancora vetrine di innovazione e di confronto tra le nazioni o sono diventate delle fiere per il turismo e l’intrattenimento con un tocco di glamour architettonico dove ogni Paese si esibisce in una gara di “chi ce l’ha più lungo” (il padiglione, intendo) e dove il vero scopo è far venire la voglia ai visitatori di comprare un biglietto aereo per la nazione espositrice?
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Dall'alto verso il basso e da sinistra verso destra: Padiglione dell'Indonesia, dell'Uzbekistan, della Spagna, dei Paesi Bassi, dell'Italia, dell'Azebaijan. |
Alessandro Cutelli
Padiglioni fiere bellissimi
RispondiEliminaDettagliata e attenta descrizione con ottimi spunti di riflessione.
RispondiEliminaCiao Ale, bellissimo questo post, così come il precedente!! Grazie mille. A presto!
RispondiEliminaGrazie per la condivisione. Si! Da quel che scrivi sembra più una fiera turistica che disattende le pretese della tematica principale... Come non sorridere ai tuoi commenti sui contenitori più interessanti dei contenuti, sul padiglione Italia/Vaticano (sic!) con sguardo rivolto al passato e sulle pretese fallite dei 2 ascensori.
RispondiEliminaCi vorrevve Arbasino per far emergere il tragicomico di tutto cioʻ.
A presto.