La volubilità di una scultura vivente
Il Museo Guggenheim di Bilbao
visitato
il 31 luglio 2024.
L’architettura può rivitalizzare la cultura di una città e rilanciarla dal punto di vista economico?
La domanda è
complessa, ma per capire quale contributo possa dare a un centro urbano una
struttura o uno stile architettonico possiamo interrogare l’iconico museo
Guggenheim di Bilbao, inaugurato nel 1997 su progetto dell’architetto
canadese-statunitense Frank Owen Gehry, anche allo scopo rilanciare il turismo
e invertire la tendenza al lungo periodo di crisi industriale che la capitale
economica dei Paesi Baschi fronteggiava dagli Anni 80.
La costruzione del
museo segna l’inizio di una radicale trasformazione della città, che gradualmente
converte la sua silhouette industriale in una vocazione turistica e commerciale.
Uno dei luoghi più simbolici di questo passaggio sono le rive del fiume Nervión
- un tempo adibite a cantieri navali - dove sulle aree liberate trova posto il museo
Guggenheim, adagiato sulle rive del fiume di fronte allo storico Ponte di La
Salve e a pochi passi dall’elegante Museo di Belle Arti.
A un primo sguardo,
l’edificio sembra avulso dal contesto, e ci si chiede se il tetto sia crollato
sulla struttura interna che, vista dall’esterno, risulta completamente
rivestita da lastre di titanio e pietra calcarea, così lucente da assomigliare
a un velo d’argento steso su un mantello sinuoso.
Più che a un museo
d’arte contemporanea, l’architettura si presenta come una vera e propria opera
d’arte, concepita più come una scultura, che un edificio. Per ideare qualcosa
capace di diventare il motore della trasformazione economica e sociale di
Bilbao bisognava osare, rompere gli schemi, seguendo la logica del
decostruttivismo, uno stile che si caratterizza proprio per la sua volontà di
andare oltre le forme geometriche tradizionali per creare strutture complesse,
come la domanda da cui siamo partiti. La scelta di
Gehry si è rivelata geniale perché attraverso la ricerca di materiali
innovativi al Guggenheim è riuscito a frammentare i volumi esterni, sino alla
scomparsa della forma dell’edificio stesso sotto i riflessi lucenti di lamiere che
si sovrappongono come le scaglie di un pesce d’argento.
La frammentazione dei
volumi è così ben riuscita che trovandosi di fronte al museo si può entrare in
confusione: da quale parte bisogna osservarlo, per afferrarlo nel complesso con
un solo sguardo? A prima vista può sembrare una nave futuristica ormeggiata sul
Nervión, ma è difficile capire quali siano la prua e la poppa. La
curva dello scafo, inoltre, non è quella rassicurante di una nave da crociera, ma
assomiglia piuttosto a un fascio di muscoli tesi in procinto di scattare,
oppure alle ali di un gabbiano che atterra bruscamente, disegnato da Picasso.
Apparentemente
caotico, Gehry ha concepito il flusso di curve e superfici sinuose
dell’edificio in armonia con le altre sedi della Fondazione Guggenheim,
sfruttando la tridimensionalità dell’architettura come se fosse una scultura.
Il fulcro del museo è
l’atrio centrale, intorno al quale ruotano gli spazi espositivi interni
illuminati da lucernari collocati sui solai di copertura, mentre i muri interni
sono in parte intonacati e tinteggiati di bianco, in parte rivestiti con una pietra
calcarea di tonalità calda.
L’architettura del
Museo trae la sua profonda ispirazione dal genius loci della città, un
tempo vibrante centro di importanti cantieri navali. In questo modo, l’edificio
non solo si integra con il paesaggio urbano, ma ne evoca anche la memoria
storica e l’energia di un passato industriale con forme audaci e innovative.
Le superfici esterne
in titanio evocano proprio quelle della tradizione dei cantieri navali, senza
però privilegiare alcun prospetto, rivelandosi così come un soggetto mutevole a
seconda dell’angolo da cui lo si osserva.
La facciata più audace
è quella nord, prospiciente il fiume, caratterizzata dalla ripetizione di forme
flessuose che si sviluppano su più livelli, mascherando il volume della grande
sala ArcelorMittal, situata all’ombra del ponte La Salve, mentre nei pressi
dello scalone in pietra calcarea si trova la terrazza del ristorante.
La complessità
progettuale e cantieristica è stata gestita anche grazie alla precisione del
software CATIA, programma in origine utilizzato per la progettazione di
aeroplani, capace di rispondere ai capricci della composizione aperta e di creare
sale di grandi dimensioni senza colonne isolate.
Attraverso il titanio
Gehry ha reso omaggio alla tradizione metallurgica di Bilbao e ha realizzato
una pelle che muta in base al cambiare del tempo, con riflessi che ricordano la
lucentezza delle squame argentate delle carpe. A questo proposito, mi
incuriosisce un fatto legato alla storia della famiglia Guggenheim: Ben
Guggenheim, il padre di Peggy - fondatrice della sede di Venezia - fu vittima
del naufragio del Titanic nel 1912, nave da crociera che trasse il nome dai
mitologici Titani, così come il materiale titanio deriva da titanico. Un affascinante
(o inquietante?) incrocio di circostanze…
L’uso della pietra
calcarea nel basamento esterno dell’edificio e in alcuni setti murari interni
situati nell’atrio centrale contribuisce a fondere le parti metalliche e
vetrate in un unico ambiente avvolgente. Gehry, inoltre, tratta la luce
naturale alla stregua di un materiale costruttivo, che dai lucernari filtra
attraverso i pozzi ricavati nei solai dei piani intermedi, in modo che la luce
zenitale non danneggi le opere d’arte.
Al termine del nostro
percorso, possiamo rispondere in modo affermativo alla nostra domanda iniziale:
l’architettura del Guggenheim di Bilbao è riuscita a rivitalizzare la città
creando un museo opera d’arte, che realizza un’estetica del sublime, dove
l’unica certezza - ammesso che ve ne sia una - è il mutamento, testimoniato dalla
pelle lucente del titanio.
Come nella pubblicità,
anche in quest’opera è l’immagine che si interfaccia con il pubblico superando
i valori simbolici più profondi. Quindi, che voi lo vediate come un pesce
argenteo fluttuante, una nave in costruzione o un gabbiano dalle ali sconnesse,
una cosa è certa: il Guggenheim di Bilbao è una vera e propria scultura
vivente, che si muove e respira con l’ambiente circostante, pur rimanendo
saldamente ancorato a terra.
Alessandro Cutelli
Attenta e dettagliata descrizione, di facile comprensione. Interpretazione profonda e coinvolgente.
RispondiEliminaHo trovato la struttura molto interessante e valorizza secondo me la città. La mostra interna non l ho visitata perché non mi interessa arte moderna.
RispondiEliminaPost coinvolgente e di facile lettura grazie ad una scrittura scorrevole, mai banale, ricca di similitudini che denotano un alto livello culturale. Complimenti!
RispondiEliminaGrazie per aver condiviso questa bellissima analisi!
RispondiEliminaDescrizione molto dettagliata di una struttura veramente molto interessante, soprattutto x persone come me che in questo campo sono molto ignoranti e grazie chi scrive spiegando in maniera molto dettagliata riescono a comprendere la sua bellezza
RispondiEliminaMolto chiaro e interessante, spero di visitarla presto!
RispondiEliminaGrazie Alessandro!
Molto bello Alessandro complimenti da farci un pensierino...
RispondiEliminaAffascinante e quasi surreale. Descrizione impeccabile e molto coinvolgente. Grazie Alessandro
RispondiEliminaDescrizione scorrevole, chiara ed esauriente come bel suo genere. Pare si venga trasportati sul posto. Complimenti al Prof. Alessandro
RispondiEliminaMarco
Mi è venuta voglia di andarci! Spero di poterlo fare presto! Grazie, Alessandro.
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